Tra i tanti libri che ho letto in vita mia, uno dei miei preferiti è sicuramente "1984" di George Orwell, romanzo distopico scritto nel 1948, che descrive una società del futuro governata dalla dittatura del Grande Fratello. Tale dittatura modifica e distorce l'informazione e la storia della società stessa per assoggettarne la libertà di pensiero e indurre una sorta di amore malsano della popolazione nei confronti del loro stesso carcerario di menti.
Copertina del libro |
Tuttavia il dubbio esiste nella mente del nostro protagonista, esso stesso ingranaggio di quella macchina nascondi-verità che il governo ha costruito, tanto da voler lasciare una testimonianza dei suoi pensieri tra le pagine di un diario che è costretto a scrivere nell'unico angolino della sua casa dismessa non raggiunto dall'occhio del Grande Fratello.
Scena tratta dal film "1984" di Michael Redford con John Hurt nei panni di Winston |
Il diario è la "cosa" senza la quale la storia non avrebbe nè inizio, nè seguito, nè mezzo per arrivare a noi: esso rappresenta l'impossibilità di incatenare l'uomo nel suo atto più naturale, cioè quello di pensare, di porsi domande e dubbi, anche a costo della propria vita.